La famiglia Carandini
Le memorie che riguardano la famiglia Carandini risalgono alla metà del secolo XII circa e allora era chiamata con l’originario cognome de’ Risi, al quale alludono le spighe di riso dell’arma gentilizia. I due cognomi – De’ Risi e Carandini – sul principio del secolo XV coesistono e si alternano, ma in seguito prevale definitivamente quello attualmente in uso. I Carandini sono patrizi modenesi e nobili di Bologna fin dal XV secolo, oltreché Conti Palatini, nobiltà del Ducato Estense, spesso militare e molto legata a uno Stato principesco italiano secondo per antichità solo a quello Sabaudo. Tra gli avi dei Carandini si contano nei secoli uomini d’arme, diplomatici, giureconsulti, letterati, prelati ed emerge il cardinale Ercole Consalvi, Segretario di Stato di Pio VII, al quale si deve l’incarico ad Antonio Canova di riportare in Italia le opere d’arte trafugate da Napoleone Bonaparte.
Francesco Carandini nasce a Colleretto Parella, nella casa dei Giacosa, il 13 novembre 1858 dal matrimonio fra il marchese Federico (1816-77), militare di carriera, docente presso la scuola di fanteria di Ivrea e scrittore, ed Elisa Realis, sorella di Paola, madre del celebre drammaturgo e scrittore Giuseppe e dell’autorevole scienziato e storico Piero Giacosa. Dopo il compimento degli studi liceali a Ivrea e il conseguimento della laurea presso la facoltà di legge della Regia Università di Torino, nel 1887 inizia la carriera come Prefetto di Perugia. È segretario presso le Prefetture di Pinerolo, Torino, Parma, Crema e Biella, Vice-prefetto di Roma durante la prima Guerra mondiale, quindi Prefetto di Forlì, Verona e Udine. Nel 1922 gli viene riconosciuto il titolo di undicesimo Marchese di Sarzano, patrizio di Modena e nobile di Bologna. La sera del 27 ottobre 1922 il prefetto Carandini riceve la notizia della mobilitazione fascista e dell’arrivo delle squadre capitanate da Achille Starace, futuro segretario del Partito Nazionale Fascista. D’intesa con le autorità militari viene deciso un piano per la difesa degli edifici pubblici. La mattina del 28 ottobre i fascisti assaltano prefettura e questura e ingiungono al prefetto di lasciare il suo posto. I poteri sono assunti dal comandante di Corpo d’armata. La decisione del re di non firmare il decreto di proclamazione dello stato d’assedio rende i fascisti vincitori. Dopo essere stato trasferito a Udine, il prefetto Carandini è collocato a disposizione e, infine, a riposo nel gennaio 1924 «non potendo i suoi sentimenti liberali concordare con l’affermarsi del fascismo». Durante la carriera era stato insignito delle onorificenze di Grand’Ufficiale dell’Ordine della Corona d’Italia e di Commendatore dell’Ordine Mauriziano.
Dal matrimonio con la torinese Amalia Callery Cigna Santi nascono Federico Cesare (1888- 1950), che sposerà Clara Albertini, sorella del senatore Luigi; Elisa (1890), custode della casa di Parella sino alla morte, e Nicolò (1895-1972), marito di Elena Albertini, figlia del senatore Luigi e di Piera Giacosa. Dopo il collocamento a riposo, Francesco Carandini si dedica alla poesia e agli studi storici, legandosi sempre di più a Parella, dove tra il 1932 e il 1935 si fa costruire la «casa sul poggio», da tempo sognata e desiderata. L’edificio permane in via Loranzè 9 e si caratterizza per il corpo edilizio semplice e compatto, a due piani, aderente a una peculiare tipologia locale, connotata dal ballatoio in legno, che assume funzioni di distribuzione divenendo anche punto di vista panoramico, riparato dallo sporto del tetto. Sviluppato sul prospetto meglio soleggiato e sui due laterali ben esposti, è collegato tramite irrigidimenti verticali alla copertura, quasi a rieditare l’antica lobbia per essiccare i raccolti e per la scorta della legna da ardere, tipica delle costruzioni vernacolari. Tutt’intorno è un vasto e suggestivo parco popolato di alberi secolari, essenze esotiche e vigneti.
Francesco Carandini si spegne nella sua casa di Parella il 23 ottobre 1946 e viene sepolto nel locale cimitero. Sulla sua lapide si legge: «Spese la sua lunga vita nel servizio dello stato, nel culto geniale della storia e dell’arte. Qui riposa pago della sua fedeltà al vero, al giusto, al buono». Studioso di storia e letteratura, pubblica diverse monografie, liriche, discorsi commemorativi e saggi sull’opera di Alfredo d’Andrade, di cui è primo biografo. Tra i suoi circa 60 titoli, una posizione di spicco merita Vecchia Ivrea, pubblicato nel 1914 e ristampato in più edizioni sino al 1963, che costituisce una fonte preziosa di notizie, fatti, dati storici sul capoluogo eporediese. All’imponente statura di storico, Francesco Carandini affianca una notevole valentia poetica, riscontrabile in una raccolta dei suoi scritti ripubblicata nel 1963 col titolo Memorie Canavesane.
(Scheda tecnica a cura dell’arch. Grazia Imarisio)