Nella parte più bassa del paese, ai confini con Colleretto, nella regione un tempo detta di Pianavilla, sorge un altro castello, che in molti documenti del ‘500 e ‘600 viene indicato come “castello di Pianavilla”. All’inizio probabilmente era soltanto una casa-forte, uno sbarramento ai piedi della ripida salita dell’unica strada che portava da Ivrea a Castellamonte e all’alto Canavese, l’attuale via Carandini, dove era imposto un pedaggio e dove erano gli stallaggi dei buoi da attaccare di punta ai carri per superare l’erta micidiale, ma poi divenne castello, accanto ad una torre rotonda che in un documento è chiamata “Forticino degli Arondelli”.
Essa fu dimora dei conti San Martino di Parella, feudatari del luogo, la cui casata intorno al 1530 si estinse ed il fortilizio subì un periodo di abbandono e di degrado; nel 1545 Alessio I della famiglia dei San Martino di Loranzè lasciò l’affollato castello di Loranzè e si installò in questo di Parella, ne iniziò il restauro ripristinando il ponte levatoio ed il fossato antistante e lo ampliò; gran parte del castello quindi è stata fatta costruire dopo il 1545 da Alessio e dai suoi successori, che ad un certo punto abbandonarono la denominazione San Martino di Loranzè ed assunsero quella dei primi proprietari, San Martino di Parella. Il castello fu dimora saltuaria, quasi una casa di campagna (e così infatti viene denominata in un vecchio ordinato del comune di Parella) dei “secondi” San Martino di Parella, che avevano proprietà immobiliari a Torino, dove in parte nascevano, vivevano e morivano. Nella chiesa parrocchiale di Parella avevano la tomba di famiglia presso l’altare maggiore e qui, alcuni almeno, ritornavano per l’ultima dimora. Però dal 1597 al 1613 a Parella nacquero sei figli di Paolo Emilio e dal 1640 al 1663 otto figli di Alessio II, e nella cappella del castello nel 1659 furono celebrate le nozze di Cristiana Maria, figlia di Alessio, con Benedetto Ajmone Iappanello conte di Lagnasco, e nel 1680 quelle di Maria Gabriella, figlia di Alessio, con Giorgio Francesco Frichignono conte di Castellengo. Dunque durante tale periodo il castello fu ampiamente popolato e conobbe i giochi e gli strilli di nidiate di bambini e ragazzi ed i sospiri d’amore di fanciulle e giovanotti. E qui visse i suoi ultimi anni e morì, nel 1710, Carlo Emilio, il personaggio più prestigioso della casata.
Il castello, distrutto parzialmente in un incendio nel 1626, subì nel tempo modifiche ed ampliamenti. Qui i San Martino avevano le stalle e le abitazioni per i contadini che lavoravano le loro terre sotto la direzione ed il controllo di un amministratore. Con la morte di Alessio III nel 1801 il castello passò in usufrutto al fratello Giò Antonio e nel 1812 in proprietà ai figli della sorella Ludovica. Nel 1817 fu acquistato dal conte Gioachino Marelli Delverde, e dopo almeno altri sette passaggi di proprietà, nel 1852 dal banchiere genovese Penco che nel 1859 lo diede in dote a sua figlia Marianna, prima moglie del cav. avv. Giuseppe Martinazzi de Ambrosis sindaco di Pavia. I figli del cav. Martinazzi e della seconda moglie Daria Tettamanzi nel 1921 vendettero la parte nobile del castello a tre personaggi, che poi la rivendettero ai Padri Bianchi Missionari d’Africa, che vi stabilirono il loro seminario. Nel 1962 la proprietà passò a Gian Luigi Dotto che vi compì notevoli opere di restauro; alla sua morte nel 1981 la figlia Gabriella amministrò il castello oculatamente e negli ultimi anni ne fece il luogo di cerimonie prestigiose, in particolare matrimoni per coppie facoltose, ma alla fine lo vendette, negli anni a cavallo dei due secoli, ad una società di affari che in un primo tempo aveva in programma di trasformarlo in un centro di benessere per Vip ma in seguito lo pose in vendita all’asta dopo averlo spogliato di tutto quanto era asportabile.
Nel 2011, a seguito dell’aggiudicazione all’asta fallimentare, la Società Manital di Ivrea lo ha acquistato «con lo scopo di portare la struttura dopo 10 anni di abbandono ad una vera e propria rinascita, con attività che ne valorizzino ogni aspetto come ristoranti, aule di formazione, un’enoteca e camere d’albergo per un soggiorno di charme».
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